giovedì 21 aprile 2011

Oh Womeo Womeo Picchè sì tu Womeo

Salve popolo!
Stamani vi affliggerò con le mie velleità letterarie narrandovi una storia vera.
Cominciamo.

Era una notte fonda. La luna, grande come una pallina da biliardo, risplendeva di luce propria e le stelle brillavano esattamente come 5 milioni d'anni fa, quando la civilizzazione non era neanche un concetto. Il silenzio dominava l'oscuro paesaggio primaverile, eccezion fatta per un gatto in amore che più che miagolare cigava come una vecchia porta a cui bisognerebbe oliare i cardini. Sulla riva del fiume stava seduto, con la sua canna da pesca, Matteo. Una lieve brezza faceva muovere come cosa viva i suoi capelli neri, spettinandoli più ti quanto non lo fossero già. Dalla sua lunga barba affiorava qualche peluzzo bianco, in anticipo rispetto ai trent'anni che aveva.
Matteo amava pescare, anzi, più che pescare gli piaceva il concetto della pesca: tranquillità, silenzio, natura, l'uomo che torna predatore in una lotta con il pesce (anche se dopo averne preso una era solito ributtarlo in acqua), tutte cose che mancavano nella città dove si trovava. Si, gli piacevano le macchine, le insegne sfavillanti, i cinema e la marea infinita di pub che riusciva a trovarvi ma qualche volta aveva bisogno di raccogliersi nel suo mondo, dove poteva trovare ampi spazi aperti, silenzio e tranquillità, anche perchè non c'era nessun altro a parte lui! Non che fosse un eremita, certo! Solo preferiva starsene sulle sue. Rideva e scherzava con colleghi e conoscenti ma non avrebbe mai portato nessuno di loro a pescare o a camminare per i sentieri sempre verdi e soleggiati della sua mente, in cui aveva costruito un posto a sua immagine e somiglianza. Lì poteva trovare tutto l'anno meli ricchi di fiori e frutti, alte montagne da scalare, lunghi sentieri che portavano ad una caverna in cui accendere un fuoco e passare la notte, animali sempre liberi, che cacciava ed uccideva solo per sopravvivere, lo stretto indispensabile. Per capire o almeno tentare di vedere il mondo di Matteo immaginatevi una metropoli moderna come New York, Tokyo o nel più piccolo Milano e Firenze. Fatto? Ecco l'esatto opposto. Niente era come il posto dove viveva il suo corpo. C'era solo una cosa che rimaneva uguale nei due universi: il fiume. Tutto iniziava e finiva con lui, come una porta d'accesso fra dimensioni parallele, antagoniste ed opposte fra loro.
Mentre fantasticava su questo punto alzò gli occhi e la vide, sull'altra sponda del fiume: la creatura più bella che si fosse mai affacciata in questo mondo. I due si sorrisero timidamente. Fu solo un attimo, una frazione di secondo, poi Matteo si rimise a pescare, sprofondando nuovamente nei suoi pensieri; nel suo mondo. La creatura svanì nel nulla, proprio come era comparsa. Lui non se ne rese conto. Ancora oggi, se si chiede di che colore avesse i capelli la giovane lui saprà solo dirvi che lei era bella...riflessa nell'acqua.

Morale: Pescare rende pazzi.

Mi congedo.
-E-

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