Salve popolo!
Recensione's time.
Vincere
Siamo in una piccola stanza piena di persone sedute. Il campo è tanto stretto da mostrare solo le teste. In profondità di campo ci sono altri tre uomini seduti col viso rivolto alla folla. Uno di loro sta dando la parola a Benito Mussolini. E' buio. Nessuno è illuminato abbastanza dalla luce proveniente dalla finestra fuori campo. Nessuno tranne Mussolini, il cui volto è tagliato in due da quella luce. La macchina da presa si sposta sul suo primo piano e lo segue mentre si alza e chiede un orologio. Intanto scorrono i titoli di testa. Mussolini riceve in prestito l'orologio e sulla soggettiva di tale oggetto, sulle parole “sono le cinque e dieci”, compare il nome del regista Marco Bellocchio. Il campo si allarga mostrando il pubblico dell'assemblea, poi si restringe sul primo piano di Mussolini che sfida Dio, e ritorna al precedente campo medio. Questi bruschi cambi di campo lo fanno sembrare più grande paragonato a chi lo sta osservando. il suo volto è ancora diviso a metà (e lo sarà per tutto il film). Un altro primo piano e rispettiva soggettiva aumentano quest'impressione, questa volta sono il volto e lo sguardo di Ida Dalser ad essere utilizzati; la quale vede il futuro Duce sopraelevato rispetto alla folla, addirittura pare che emani un'aura luminosa. Inizia così la sfida a Dio, il suono extradiegetico di un orologio pare dilatare il tempo mentre la macchina da presa continua il suo giro nella sala per ristringere il campo ai primi piani, prima di mussolini, poi di Ida, e di nuovo Mussolini: “Il tempo è scaduto: Dio non esiste”. L'uomo ha sfidato Dio e ha vinto, da qui inizierà la sua scalata all'apice del potere per poter continuare a vincere. Quasi a dimostrazione di questo elevarsi verso l'alto dell'ego del personaggio, la seconda sequenza di apre con l'immagine d'epoca (reperite dal regista grazie alla collaborazione con l'istituto Luce) di una ciminiera. La macchina da presa l'aveva inquadrata dal basso, quindi allo spettatore sembra più grande ed imponente. In sovrimpressione il titolo del film: “Vincere”.
Questa sequenza è quasi interamente realizzata con materiale dell'archivio luce (secondo il metodo del Found footage), al suo interno sono riscontrabili anche delle false immagini d'archivio rielaborare come vecchia pellicola (come ). Bellocchio cita Eizenstejn, proponendo un montaggio intellettuale (la ciminiera e il duomo si elevano entrami verso l'alto ma potrebbero anche scontrarsi nella lotta fra modernità e antichità, ateismo e religiosità diffusa) ed i fratelli Lumiere montando all'interno di un'inquadratura del duomo di milano delle finestre video (tecnica dello split screen) contenenti due diversi “Arrivi del treno alla stazione”. Questa overture filmica completamente staccata dal tempo della storia, dove la narrazione si sospende a favore dell'interpretazione simbolica fa però capitolare lo spettatore nella narrazione vera e propria con una domanda: “Chi sono le due modelle che stanno ammiccando alla macchina da presta? E perchè la loro immagine è speculare?” (questo è quello che Roland Barthes chiamerebbe terzo senso).
Tutto il film racconterà la storia di Ida Dalser e della sua volontà di non restare in silenzio, anzi, gridare la verità: Lei è la vera moglie del Duce, da cui ha avuto il suo primogenito: Benito Albino Mussolini, riconosciuto dal padre. La Dalser viene rinchiusa in manicomio, internata a vita, le sono interdette le comunicazioni con l'esterno e soprattutto con suo figlio che verrà affidato ad un fascista, ma alla fine, quando viene riportata in manicomio dopo essere fuggita, i suoi compaesano cercano di proteggerla e di strapparla ai suoi cacerieri, lei in macchina guarda lo spettatore come a volergli chiedere di non dimenticarla o come se volesse fargli capire d'essere riuscita a spezzare il muro del silenzio che Mussolini aveva creato intorno alla sua storia oppure, ancora, è un invito all'Italiano in sala a seguire il suo esempio, a non sottostare al volere del potente. Benito Albino adulto prende il volto del padre (sia Mussolini senior che Jr sono interpretati da Filippo Timi), ne diventa caricatura (fa il verso a suo padre dopo aver sentito un suo discorso alla televisione) e immagine speculare (anche lui ha il volto diviso a metà dalla luce espressionista ma il parte illuminata e quella in ombra sono invertite rispetto a quelle di Mussolini senior e quando è piccolo crede che il saluto fascista sia con la mano sinistra) schiacciata da un passato troppo grande per lui (dopo aver fatto l'imitazione cade a terra in ginocchi, distrutto).
“Vincere, e vinceremo ” sono le ultime parole del Duce che parla (filmato d'archivio) dal suo balcone in Piazza Venezia, ma contrariamente alla prima sequenza foud footage in questa sono visibili gli orrori della guerra, se qualcosa è in alto cade senza speranza verso il basso schiantandosi al suole, provocando morte e distruzione. Dopo la caduta di un aereo toniamo alla prima soggettiva del prologo, quella sull'orologio seguita da un primo piano del giovane Mussolini, pare preoccupato, come se avesse assistito con lo spettatore allo svolgersi degli eventi.
-E-
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